McCarthy e Kennicott: polvere sottile che ti si annida ovunque, spazi così infiniti e desolati da farti girare la testa e un silenzio assordante, ovvero tutto quanto mi aspettavo di trovare durante il mio avventuroso roadtrip in Alaska di quest’estate.
McCarthy e Kennicott si trovano nel cuore del Wrangell St-Elias National Park and National Preserve, il più grande parco naturale degli Stati Uniti, con un’estensione di circa 53.000 chilometri quadrati composti di aspre montagne (al suo interno si trova la seconda cima più alta della nazione, il Monte Saint Elias, alto 5.489 metri), ampie distese di ghiaccio, laghi e foreste.
Entrambe sono raggiungibili in solo due modi: partendo da Chitina in macchina/moto/bicicletta (per chi mai ne avesse il coraggio) e percorrendo una strada sterrata di circa 150 km che si conclude sul ponte del fiume McCarthy, impedendo l’accesso dei veicoli alle due cittadine, raggiungibili quindi solo con un servizio di navetta a pagamento, oppure con piccoli Cessna, sorvolando in meno di 40 minuti di volo le infinite distese del Wrangell St-Elias NP. Solo un paio di compagnie aeree offrono il brivido di questo viaggio e io non ho avuto dubbi (anche se un po’ di sana paura prima del mio primo volo su un monoelica a 6 posti l’ho avuta, sia chiaro) affidandomi agli amici di Wrangell Mountain Air, specialisti del Wrangell-St. Elias National Park (ai voli associano tour guidati a Kennicott e sul vicino Root Glacier) da oltre 25 anni.
Visitare McCarthy e Kennicott è un po’ come sentirsi parte della corsa all’oro, un po’ come tornare indietro nel tempo in un’epoca fatta di duro lavoro ma anche di sfrenati divertimenti. Se, infatti, Kennicott era la città in cui, a seguito della scoperta fatta da Jack Smith e Clarence Warner di un’enorme falda di rame sulla montagna tra il Kennicott Glacier ed il McCarthy Creek, fu fondata nel 1906 una compagnia di estrazione del rame, che successivamente divenne per un errore ortografico la Kennecott Copper Coorporation, a McCarthy, quattro miglia e mezzo più a sud, si andava per divertirsi.
Per trasportare il rame estratto a Kennicott fu costruita nel 1908 una ferrovia che la collegava a Cordoba, contribuendo allo sviluppo della cittadina, dove in breve tempo furono costruiti anche uffici, alloggi, negozi, scuole e persino un efficiente ospedale, uno dei pochi in Nord America munito di attrezzature all’avanguardia per l’epoca.
Ebbene, che cosa resta oggi di tutto questo? McCarthy e Kennicott sono di fatto due città fantasma che per oltre 50 anni sono rimaste così come gli ultimi abitanti le avevano lasciate, nascoste e protette dalle foreste e dalle montagne adiacenti. Solo negli ultimi 20 anni, a seguito dell’acquisto da parte delle istituzioni del Wrangell St-Elias National Park and National Preserve di parecchi edifici, tra cui le miniere, nell’ambito di un progetto di recupero e salvaguardia del patrimonio storico culturale di questa remota zona dell’Alaska, è iniziato il lento e delicato restauro di questi luoghi e la loro ripresa.
McCarthy e Kennicott erano e sono tutt’ora ‘l’ultima frontiera” dell’Alaska, preziose testimoni di una terra affascinante ma anche spietata, come Madre Natura stessa. Sono due luoghi ricchi di storia e ricordi, dove talvolta il resto del mondo sembra più lontano di quello che effettivamente è.
Due luoghi dove fare una pausa dalla frenesia e dal caos della vita moderna senza dimenticarsi, però, che, proprio perché testimoni così preziosi, devono essere tutelati e vissuti con rispetto.
INFO GENERALI
Come raggiungere McCarthy e Kennicott: prova il brivido e l’emozione di un volo con Wrangell Mountain Air
Dove soggiornare a McCarthy e Kennicott: Lancaster’s Hotel (McCarthy), la soluzione ideale per chi come me ama l’avventura ma non così tanto da arrischiarsi a fare campeggio con vista (garantita) su orsi e alci.
Dove mangiare a McCarthy e Kennicott: The Roadside Potato (McCarthy) per il pesce (il salmone è direttamente pescato dai torrenti della zona); The Meatza Wagon (Kennicott) per un piatto veloce (anche veggie) prima o dopo la visita alle miniere o un trail.
Hiking: Bonanza Trail (9 miglia round trip), imperdibile per gli scorci sul ghiacciaio Root Glacier e le vestigia delle miniere (ancora adesso è possibile ritrovare sul sentiero scarpe ed altri accessori lasciate dai minatori).
Che invidia!!!!
M.B.
La prossima volta ti ci porto, ma torniamo con un orsetto!
Ho letto fino all’ultima riga con grande interesse. Ho seguito un po’ del tuo viaggio e adesso ho ancora più voglia di partire per l’Alaska. Il problema è che andrei in tutte le stagioni!
Io non ho dubbi che riusciresti ad adattarti brillantemente in ogni situazione Grazie per essere passata!
Ti ho seguita mentre eri in viaggio, incuriosita dall’Alaska e dalla sua atmosfera di terra di frontiera. Sembra, forse, più lontana di quanto sia… 😉
Ho viaggiato un po’ con te, soprattutto alla scoperta degli orsi!!
Grazie Ester, sono felice che tu abbia viaggiato con me! Presto parlerò anche degli orsetti!
Che meraviglia, visitare l’Alaska è un sogno! 🙂 aspetto i prossimi post, sono curiosa!
Lo è stato davvero, cara Giulia! A breve altri racconti, grazie per essere passata!
[…] Solo pochi giorni dopo è stata la volta di un paio di orsi neri, più piccoli ma per questo non meno “piaciosi”, nel bellissimo Wrangell St-Elias National Park and National Preserve. […]
[…] Alaska a parte è per me la zona degli USA più autentica, dove la gente ancora ti saluta genuinamente passando per strada e dove la natura è quasi del tutto intatta. Qua e là la fauna selvatica interrompe l’infinito orizzonte di praterie e rilievi: in 18 giorni ho incontrato un orso (nero), innumerevoli elk, scoiattoli, marmotte, cani della prateria e bisonti, un paio di cerbiatti, un cervo, una famiglia di capricorni, altre capre americane e una decina di aquile. E’ il territorio delle great plains, ovvero delle praterie selvagge, ma anche di catene montuose che poco hanno da invidiare alle nostre Alpi. […]